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Concorso Irpinia Mia 2011
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Sezione Poesia |
L'URLO DEL MERLO |
di Faticato Mario |
Solo su un ramo di pino
ripete a sé piangendo:
- Era il tempo in cui gli uomini
gli uomini pescavano era
il tempo in cui il prossimo
amava solo se stesso
nel paese dove sapeva
ciò che faceva la mano
sinistra la mano destra
dove la gente serviva
due padroni senza amare
né 'l primo né il secondo
lì, dove volle il Figlio,
in riva del Giordano
inumidirsi i piedi
il capo suo bagnare
la sua umiltà mostrare,
volò la colomba libera
che 'l Padre del mondo fece
pel bianco suo splendore
spirto di pace e amore -
e appena in un sospiro
"oh che invidiabil sorte"
afferma, pieno, un merlo
d'invidia e d'amarezza
e all'immortal fenice
e alla lumerpa immensa
e alla più rara pernice
e alla aquila pertinace
va comparando infine
il suo triste destino.
O mesto, infelice merlo
dagli occhi nero ebano
che i cieli più puri e tersi
di pece hanno dipinto;
o figlio delle tempeste
tu piangi te stesso e 'l Fato
che invano ti fa attendere
i refoli e la grandine
le nuvole nel cielo
senza potere un giorno
d'un sol succulento verme
sperar di riempir lo stomaco
perché tu non hai becco
ma bocca d'umana forma
che non è uncin per la torma
d'insetti che sottoterra
fuggono vita e amor
e ancor più ti disperi
per ciò che a torto credi
esser maggior sfortuna:
avere una bocca muta
che non sa cinguettare
che non sa del tuo soffrire
coi pari querelare.
Ma io ti dico e scrivo:
di ciò non ti crucciare
rallegrati mio amico
se ti evita lo stormo
se 'l mondo ti dimentica
se il mondo non ti ode
poiché verrà quel giorno
che il canto melodioso
che tu non puoi creare
sostituirai infine
con un urlo spaventoso
(che rimpianger lacrimando
farà le bestie tutte)
informe, cupo e forte,
più caldo della pelle
più lento della notte:
ci colorerà la morte
farà più tue le stelle.
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