Sono scesa giù al fiume
e nella tua assenza resto qui a parlarti
con una fetta di luna in mano.
E intanto si fa giorno.
Colgo questa tua immagine, papà,
nello scorrere irruente delle acque e ascolto:
il silenzio mi pervade l'anima.
Ti rivedo curvo sull'aratro di ferro,
i buoi bianchi stanchi sotto il peso del giogo,
il solco scavato fuma di terra fresca
e prende forma poco a poco.
Odo lo schiocco e la sferza sugli animali,
il cigolio dell'aratro usurato.
E poi il grano seminato,
la sarchiatura e i canti che si perdono
in un'eco lontana.
D'improvviso rumori come passi...
sarai tu?
Ti vedo come fossi vivo
Il mio cuore si rapprende,
si stringe un groppo in gola,
colgo ancora il tuo viso bagnato dal sudore,
i tuoi radi capelli,
gli occhi espressivi,
le rughe segnate dal tempo
e quelle mani incallite...
Parole che non ho,
momenti che fermo nei miei pensieri.
Spigolavo da bimba in quel campo di grano,
mentre tu, papà, con la falce in pugno,
lo raccoglievi in fasci per la trebbiatura.
Ecco, sono di nuovo al fiume;
quell'acqua pura,
quei colori di luna e di sole,
quella valle ormai incolta,
quei ramoscelli di ulivo,
mi parlano di te e della mia fanciullezza.
È qui che ti sento vivo,
è qui la tua e la mia libertà.
Ora la mia mente sgombra
vola al divino.
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