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Concorso Irpinia Mia 2010 << Indietro

Terzo Premio
Sezione Poesia
VOLUTE DI NEBBIA
di Prebenna Nicola

Sali lentamente, blocco compatto,
verso l'alto, t'avviti su piani
sempre più aerei;

lembo tuo estremo si sbriciola
e torna ad impastarsi di terra,
mentre ancora compatta
prendi il largo e poi a tua volta
lenta ti smembri.

E' forse un gioco a cui assisto
dal balcone di casa che si protende
nei campi vicini e monti lontani.

Potessi a lungo durare
e celare la miseria del vivere,
l'ingorda insaziabile brama
di tutto possedere e conquistare,
senza norma e senza freni,

l'opaca attitudine al bene
che ciascuno ostenta e poi
per viltà e debolezza tradisce.

Scorgo in te sepolte ansie
antiche di corse al vento
sulle acque del futuro velato
di sogni grandi e successi
certi e garantiti per tutti.

Non affogare nella tua indistinta
inconsistenza la tenace voglia
di sfidare il già visto,
ché senza bocciolo di speranza
non siamo che vapore sottile
che si dissolve e...
serio è il gioco a cui dai vita,

nebbia della campagna a me vicina.
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Recensione
Sembra di vederla la nebbia che s’innalza, si abbassa, si avvita, si smembra, si sbriciola, si ricompatta nel suo gioco dalla terra verso il cielo e, di nuovo, dal cielo verso terra. Avvolge i campi vicini e i monti lontani, impedendone alla vista i contorni. Il poeta assiste dal balcone di casa allo spettacolo che muta dinanzi ai suoi occhi e il suo animo non può non riflettere sulla metafora che lo riconduce alle miserie del vivere: brama insaziabile di possedere, sogni di successi sempre maggiori, ostentazioni dietro le quali si nascondono viltà e debolezze. Tutto gli appare inconsistente come il dissolversi della nebbia. Eppure, non tutto è evanescente. Vi è una certezza nel suo cuore: è un bocciolo di speranza che fiorisce dalla confusione delle cose per rinascere alla verità, al chiarore, alla bellezza dell’autenticità. Scorre, agile negli enjambement, il linguaggio di questa lirica, fluido nei versi tra descrizione e riflessione introspettiva. “Nebbia della campagna a me vicina!” è la chiusa asciutta e sofferta del poeta, il suo grido di dolore, la sua rinascita e la nostra.
Agostina Spagnuolo
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