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Concorso Irpinia Mia 2015 << Indietro

Terzo Premio
Premio Scola
Sezione Poesia
LA PORTA CHIUSA
di De Lorenzo Ronca Paola

Ti ho accompagnato
fino alla porta
non sapevo cosa ci fosse oltre
il buio
il vuoto
o semplicemente la pioggia
come sul mio volto.

Non c'era angoscia
non c'era ansia
nella lunga attesa
del breve tratto.

Eri un volto amico-nemico
non so dei due
chi andava via
dalla mia vita.

Io sono andata oltre
quella porta chiusa,
da tanto tempo,
oltre i confini
dei brevi spazi
da te assegnati.

Nel nuovo modo
di esser donna
ora sono libera
come crisalide fatta farfalla
come viola rinvigorita dal vento,
così all'avventura, fuori quel muro
che non ripete più la tua voce
dove l'eco è soltanto fumo.
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Recensione
La porta chiusa è la storia di una metamorfosi cui la stessa autrice accenna (crisalide fatta farfalla) o forse, più semplicemente di una nascita, l'uscita dall'utero materno. Se volessimo continuare con le metafore potremmo parlare di un Esodo e della lunga attesa per percorrere un breve tratto (nella lunga attesa / del breve tratto), potremmo però pensare anche ad una stanza.
Se questa è la storia racchiusa nella poesia, occorre dire che i protagonisti sono tre, un io, un tu, e una porta, il confine. Se l'io è l'autrice o comunque una fanciulla o una fanciulla già divenuta donna, nulla si dice del tu, di cui non è tuttavia difficile intuire che si tratti della madre, senza tuttavia che si possa del tutto escludere che si tratti di un primo amore, di un amore oppressivo. Di quel tu, infatti, è dato cogliere solo il volto, non direttamente, tuttavia, ma attraverso il sentire stesso dell'autrice; di quel volto in alte parole non sappiamo ciò che esso è in sé, ma ciò che esso è per l'autrice. L'autrice non ci dice ciò che vede ma ciò che quel volto è per lei, nel suo vissuto (Eri un volto amico-nemico ) sicché il lettore è lasciato volutamente o inconsapevolmente di fronte a due vie e senza altri elementi può prendere la libertà di percorrerle entrambe.
La porta divide due mondi, entrambi caratterizzati, almeno in apparenza, positivamente (Non c'era angoscia /non c'era ansia nella lunga attesa); solo indirettamente infatti ci si rende conto che il mondo al di qua della porta chiusa è un mondo prigione (come, verrebbe da dire, la caverna platonica). Ma in un primo momento, è ciò è al di là della porta a presentarsi con toni cupi (non sapevo cosa ci fosse oltre / il buio / il vuoto / o semplicemente la pioggia).
L'acme della narrazione (narrazione che si compone di tre momenti, il prima, il passaggio, il dopo) che spezza in due la vicenda è rappresentato dal passaggio, dall'andare oltre, dall'apertura della porta (Io sono andata oltre / quella porta chiusa, / da tanto tempo, / oltre i confini / dei brevi spazi / da te assegnati). Da un punto di vista lessicale il termine che caratterizza questo momento è la preposizione “oltre” ripetuta due volte. Resta misterioso, ancora il tu, rappresentato come si diceva dal volto, perché in questo passaggio anche il volto in qualche modo passa, ma l'autrice non sa se il volto amico o nemico. Ora quel volto che nella prima parte era di colui/colei che ha imposto le leggi, passa abbiamo detto, ma è evidente che passa solo nel ricordo (forse passerà come il ricordo di un volto amico o forse di un volto nemico).
Nell'ultima strofa l'autrice è ora nel nuovo mondo e a questo nuovo mondo corrisponde un donna nuova (Nel nuovo modo / di esser donna). La donna nuova non più costretta dal muro (fuori quel muro ) del mondo chiuso è libera (ora sono libera), la metamorfosi è compiuta (come crisalide fatta farfalla), non ha più paura dell'aria libera (come viola rinvigorita dal vento) e può incamminarsi (così all'avventura) senza aver più nella testa ossessionante la voce del vecchio mondo, andato ormai in fumo (fuori quel muro, che non ripete più la tua voce dove l'eco è soltanto fumo).
La donna nuova dunque, che sembra echeggiare il paolino uomo nuovo, è ormai padrona di sé stessa.
Paglia Maria
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