Il sangue nei riti della Settimana Santa non fa solo teatro. C’è perché, almeno una volta all’anno, possiamo affrontare a viso aperto la morte. È una morte delimitata, una morte per finta, ma il sangue è vero e il suo spargimento ci garantisce che, usciti dal tempo protetto del rito, ci sarà di nuovo la vita. Il bianco e nero aiutano l’occhio a correre a quella sottile striscia verticale al centro e alla fine ricordi solo il sangue e le spine appuntite, ben più pericolose della spada che pende al fianco del centurione. Del quale non importa il volto: bastano le mani che incoronano Cristo re della sofferenza. Una sofferenza alla portata, purtroppo, di tutti, se è vero ciò che diceva il poeta ingegnere lucano, Leonardo Sinisgalli: “Spine letali, spine pungenti, tali sono le zie e li parenti”.
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